Serle

Spiedo tradizionale De.Co. il re della cucina del territorio

Spiedo Tradizionale di Serle De.Co.

Il Comune di Serle con delibera 152 del 29.11.2010 ha deliberato in materia di spiedo: la ricetta tradizionale a Serle è la seguente: 

 

  • Per lo spiedo De.Co. di Serle si utilizzano uccelletti, lonza e coppa suina, costolette, pollo e/o anatra, coniglio, salvia, burro, tutto di origine nazionale, nulla congelato.
  • Ciascun pezzo viene definito “presa” del peso approssimativo di 70/80 grammi.
  • Sale d’origine non marina
  • Le prese devono essere inserite sugli “schidioni” facendo in modo che le pezzature di carne più compatta vengano alternate a quelle di carne più grassa o morbida, inframezzate di una foglia di salvia.
  • Il calore necessario alla cottura solo dalla combustione di materiale vegetale, sconsigliato il castagno.
  • Preparare le braci non direttamente nel tamburo, se viene utilizzato
  • Si al carbone vegetale evitando che rilasci gas direttamente sulle carni.
  • Il grasso che si scioglie nei primi 150 minuti di cottura va raccolto ed eliminato.
  • Così anche il primo “passaggio” di burro che viene calato dall’alto , dopo che ha unto le carni e che si è depositato nella leccarda.
  • Poi le carni vengono salate e ripetutamente irrorate con il burro, secondo esperienza personale o tradizione familiare.
  • La cottura deve durare almeno 6 ore dando impeto alle braci negli ultimi 15 minuti per rendere croccante la superficie della carni.
  • Le carni devono essere servite calde. Si sconsiglia di riscaldare le carni, preferire piuttosto il consumo a temperatura ambiente una volta raffreddate.
  • Le patate o grosse fette di pane, si utilizzano solo alle estremità degli schidioni per evitare il contatto della carne con il metallo.

 

A parte alcuni refusi (costolette/bracioli) e utilizzo solo di sale marino (che non capisce) Marino Marini autore del libro “la cucina bresciana” approva pienamente la ricetta della Spiedo Tradizionale De.Co. di Serle

 

da  “la Cucina Bresciana”  autore Marino Marini, edizione  2013,  pag 142/143

Ecomuseo del Botticino