L’edificazione del complesso monasteriale prende il via nel 1008, cioè quando il vescovo Landolfo fondò questo monastero affidandolo ai monaci benedettini.
Si dice, ma siamo nella leggenda, che i benedettini volessero realizzare importanti opere di canalizzazione delle acque, al fine di poter utilizzare questa risorsa per usi agricoli e per far funzionare lavatoi e mulini: a Sant’Eufemia giunge e giungeva il Naviglio grande bresciano, che nasce a Gavardo e che la tradizione vuole scavato a partire dall’anno 1000 da monaci benedettini di San Pietro in Monte (Serle) e San Paterio.
A Sant’Eufemia il Naviglio si divide in due rami: un ramo prosegue verso la città ed un ramo detto Rassegotta o Vaso Cerca scende verso San Polo.
Il monastero venne inizialmente dedicato a San Paterio, ventitreesimo vescovo di Brescia agli inizi del settimo secolo; successivamente, con la nascita del culto di Sant’Eufemia, martire quindicenne sotto il regno di Diocleziano, il monastero venne consacrato alla ragazza. A partire dal 1166, con il saccheggio da parte di Federico Barbarossa, iniziò il declino del monastero; nel 1438, a causa del tentativo di Filippo Maria Visconti di riconquistare la città di Brescia, da poco passata sotto Venezia, ebbero fine le attività del monastero, divenuto infatti campo base dell’esercito, con gravi conseguenze per la struttura.
Alcuni testi dicono che nel 1478 il vecchio convento venne chiuso definitivamente anche se altre fonti dicono che nel 1507 (a 16 anni) Gerolamo (più conosciuto come Teofilo) Folengo entrò nel monastero benedettino di Sant’Eufemia e dopo alcuni mesi prese i voti e vi rimase almeno fino al 1524.
Nel 1517 Folengo pubblicò, in latino maccheronico, con lo pseundonimo di Merlin Cocai le storie di Baldo, eroe di Cipada. Lo stesso Baldo partecipa ad un banchetto dove il cuoco Giambone prepara lo spiedo.
In ogni caso, dalla chiusura i suoi spazi vennero usati come magazzini fino al 1797, anno in cui Napoleone Bonaparte li assegnò all’Ospedale Maggiore Nazionale di Brescia che li trasformò in insediamento rurale. Ciò che rimase dell’Ospedale Maggiore venne ceduto al Comune nel 1979 e, dal 1997, questi edifici sono stati concessi al Museo Mille Miglia.
Oggi, dell’antico complesso, è ancora visibile l’antica chiesa dedicata a San Paterio.