La Grotta "Bus del Fra"

“Bùs del Fra”

Come ogni luogo di importanza vi è una leggenda che lo attraversa: in una lettera del Febbraio 1856 la grotta viene citata come sede di orchi e folletti del terrificante bào, entità utilizzata spesso per incutere paure nei bambini.

 

La grotta Bus del Fra è stata riconosciuta come area paesaggistica di particolare interesse regionale dal 1977 e con la legge n° 83 del 1986 è stata classificata come “monumento naturale”, per il suo pregio naturalistico e scientifico.

 

La grotta è ubicata appena sotto la selletta che unisce il monte Paitone al monte Budellone. L’ingresso è possibile da due diversi accessi: l’imbocco “basso” oppure quello “alto”, con una differenza di quota di pochi metri.

 

L’interesse per questi luoghi varia dall’aspetto paleontologico, speleologico, faunistico, naturalistico e climatico. Le grotte del luogo ospitarono gli orsi (preistorici) nei loro letarghi invernali. Sono stati rinvenute ossa riferibili ad una trentina di individui, di cui un orso completo ed esposto nel Museo  Archeologico di Valle Sabbia a  Gavardo.

 

La ricca fauna  fossile rinvenuta è composta principalmente da lupi, volpi, faine e martore, più rare sono le iene, le marmotte ed i castori. Si tratta di animali carnivori che rimandano ad un clima freddo, quello delle fasi glaciali. Per il clima mite interno alla grotta (circa 15° C), vi sono diverse specie di chirotteri. I pipistrelli utilizzano la grotta come rifugio durante il giorno e durante l’inverno, per il letargo. Le femmine, in estate, abitano la grotta per formare le colonie riproduttive, per il parto e l’allevamento dei piccoli.

 

 

 

L’immagine, tratta dalla pubblicazione “il carso bresciano e il buco del frate”  autore Dante Vailati è “lo spaccato tridimensionale del buco del Frate che ci mostra l’andamento delle sale, delle gallerie e dei pozzi che si incontrano lungo il percorso a noi noto del suo sviluppo sotterraneo. La parte più profonda dei pozzi arriva sul livello di base, dove si rende manifesta la presenza dell’acqua” pag 34

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