Castenedolo
Comune bresciano di circa 11.400 abitanti. Confina con il Comune di Brescia, Rezzato, Borgosatollo, Calcinato, Montichiari e Ghedi.
Nel periodo «della deposizione degli strati fossiliferi più bassi » Castenedolo era mare che nelle epoche successive si ritirò lasciando il posto alla pianura e alla formazione della colina su cui sorge ora il Comune.
Una tradizione che sa di leggenda narra che i primi abitatori furono selvaggi primitivi vissuti in età molto antiche e di cui nessuno trovò traccia. Questi selvaggi, secondo la tradizione, avrebbero adorato come loro dio un castagno più grosso e frondoso degli altri, che sorgeva proprio sul cocuzzolo della collina e che chiamavano “Il Castagno sacro”. Da ciò sarebbe poi venuto il nome del paese: Castanetum oppure Castenedolum−Castenetum, ossia Castenedolo.
In epoca romana il monte di Castenedolo era, probabilmente coltivato a vite e il primo documento certo è del 15 luglio 1037 in cui l’Imperatore Corrado concedeva in proprietà al Vescovo Olderico il Castello, il monte Degno Denno (della Maddalena) e il boscoso monte di Castenedolo che non risultava ancora abitato, con il seguente diploma da lui firmato a Caldiero (Verona): « I monasteri, le abbazie, le corti, le parrocchie nominatamente sia come obbligazione scritta che come norma, il monte su cui sorge Castenedolo insieme con il bosco e tutto ciò che riguarda quel luogo, e il monte «Digno » insieme con le porte della città che lo cingono, sia dentro che fuori, per uno spazio di 5 migliaia di passi (5 migliaia), sopra entrambe le rive dei fiumi Oglio e Mella ».
Nel 1038 i 160 “Uomini liberi” ottennero dal vescovo Ariberto l’uso indisturbato dei monti Degno (la Maddalena) e Castenedolo per il pascolo, il taglio della legna ed altri bisogni dei cittadini. Il Vescovo aveva anche concesso ai cittadini di Brescia, il permesso di andare liberamente e gratuitamente a far legna nel bosco di Castenedolo costituendo così il « diritto di legnatico» e anche di abitarlo e di ridurlo a terra coltivabile.
Nel 1102 uno dei più importanti monasteri del territorio bresciano era quello di S. Eufemia della Fonte il quale al compiersi del suo primo secolo di vita, per volontà del grande Papa Pasquale II e del Vescovo di Brescia fondava l’Ospizio di S. Giacomo di Castenedolo (allora S. Giacomo non era sotto la giurisdizione di Rezzato). Lo stesso Papa Pasquale Il lo benediva e collocava con le proprie mani, la prima pietra della nuova chiesa, segnandola col segno della croce. La Bolla papale diceva: «Il nuovo ospitale sorge per la difesa e l’assistenza dei viandanti e per il terrore dei ladri e dei masnadieri che insidiano quella contrada».
Almeno fino alla metà del XVI secolo l’Ospizio di San Giacomo era sulla importante via di comunicazione verso Mantova che però cedette il passo alla via aperta già in epoca romana lungo la sommità del colle
Il 28 ottobre 1196 il Podestà di Brescia, Guido Mandello in una solenne seduta pubblica in Broletto erigeva ad Università, cioè a Comune, Castenedolo e dava l’investitura ai Consoli che lo dovevano governare, con l’obbligo di pagare in perpetuo nella festa di S. Martino, cento lire imperiali di affitto al Comune della città, con l’obbligo inoltre che quando per le guerre, si muoveva il Carroccio dell’esercito bresciano, di mandare quattro buoi dei migliori e quattro robusti bifolchi che dovevano essere spesati dal Comune di Brescia. Il Comune di Castenedolo si obbligava ancora a sostituire i buoi e i bifolchi che cadessero ammalati o per qualunque causa divenissero inefficienti.
Castenedolo rimaneva Vicinia (Feudo) di Brescia: vita e attività commerciali prosperavano. Sulla sommità della collina venne edificato un piccolo Ospizio con la chiesa dedicata a San Bartolomeo in cui risiedeva un sacerdote che aveva in cura le anime senza essere elevato a parrocchia: la chiesa di San Bartolomeo divenne parrocchia nel 1492 con bolla del Pontefice Alessandro VI.
Castenedolo era cinto da mura all’interno delle quali si aprivano due porte, una posta a Ovest ed una ad est e nella campagna prosperavano insediamenti: il comune fece parte anche della Quadra di Rezzato ed era così importante che la quadra si chiamava di Rezzato-Castenedolo
Nel 1444 fu promulgato lo statuto sul quale si reggeva la vita comunale
Nel 1493 la popolazione era di 1.560 abitanti. Nel 1566 il parroco denunciava al Vescovo Bollani, venuto in visita pastorale, che gli abitanti erano saliti a 3.000, ma nel 1576−1577 la peste di 5. Carlo li ridusse di molto. Nel 1609 la popolazione era di 2.000 abitanti. La peste del 1630, quella di cui parla il Manzoni e di cui parleremo anche noi, la ridusse alla metà.
Il Comune, raggiunta la sua autonomia, è bene amministrato, si arricchisce, acquista case, fondi, diritti di acqua per l’irrigazione. Come oggi fanno le banche, il Comune dà a mutuo capitali cospicui, ottiene privilegi ed esenzioni, assiste e provvede ai poveri, alla chiesa e al servizio religioso. Il governo dei beni comuni è saggiamente esercitato da persone elette per le loro qualità morali e di onestà, di rettitudine, di disinteresse
A Castenedolo, data la sua natura collinare (altezza 151 mt) si radicò la coltivazione della vite ancora oggi è rinomata e riconosciuta tramite il marchio De.Co.
Tra i vini prodotti è possibile trovare:
Santa Giustina Rosso Montenetto di castenedolo, Riva Stradella Rosso Montenetto di Castenedolo, Rio Vallone Rosso Montenetto di Castenedolo, Gobbo Rosso Casale Gabbadeo di Castenedolo.
Nel 1796 a Castenedolo soggiornò Napoleone e nel 1859 fu teatro della battaglia di Treponti. Oggi Castenedolo è, per lo più, comune industrializzato seppur permangano estese zone agricole.