Serle

Inaspettato splendore nel fastoso Santuario dell'annunziata

Santuario dell’Annunziata

Il Santuario della Beata Vergine Annunciata di Serle è meglio noto ai Serlesi come “Chiesa del Diavolo”.

Ciò per merito di una vicenda che si perde nella notte dei tempi e che, fra realtà e fantasia, è collegata alla tela centinata in controfacciata raffigurante l’allegoria del Giudizio Universale.

 

La leggenda vuole che i due artisti artefici della grande tela seicentesca – attribuita a torto ai fratelli Bouzonnet (o Bousconet) – lanciarono sul parroco e i fedeli, malefici di ogni tipo prima di fuggire da Serle, braccati per aver raffigurato tra i dannati proprio i committenti stessi.

 

L’opera infatti non era piaciuta a causa della troppo evidente nudità delle figure che, su ordine del Vescovo Badoaro, vennero celate aggiungendo e modificando le fiamme dell’inferno e del purgatorio.

Si gridò al maleficio e a presenze demoniache quando incredibilmente, dopo qualche tempo, le fiamme tornarono alle dimensioni originarie. Fu necessario l’intervento del cardinal Querini, invocato dai fedeli, che impose di ricoprire le oscenità demoniache solo dopo aver esorcizzato il luogo. Da allora non vi furono più manifestazioni diaboliche, ma le vicende rimasero nella memoria dei Serlesi, tanto da associare il santuario alla figura del demonio.

 

Questo è quanto narrano la tradizione e la leggenda, ma è più probabile che la devozione popolare possa aver contribuito alla nomea del Santuario in virtù del grande drago e dei demoni al suo seguito, che campeggiano in primo piano nella grande tela.

Un monito per i fedeli, all’uscita del Santuario, affinché conducessero una vita devota e scevra dal peccato.

 

L’origine del Santuario è molto antica. Correva l’anno 1138 quando, la chiesa di Santa Maria di Serle insieme ad altri beni immobili, fu oggetto di cessione e permuta fra l’abate Giovanni del Monastero di San Pietro in Monte e l’arciprete Martino della Pieve di Nuvolento.

 

L’attuale impianto è rinascimentale con una facciata a timpano nella quale spiccano il rosone e il portale a timpano e mensole in pietra lavorata. Sulla sinistra è addossato un portico quadrato su pilastri di pietra.

 

Sempre sulla sinistra spicca il campanile, unico, che appena sopra il basamento, deturpato da una insignificante scarpata di cemento, presenta una muratura in pietre squadrate di gusto romanico.

 

L’interno, a navata unica, presenta due campate quadrate con volte a vela ed è finemente decorato con fiori, festoni, testine d’angeli, fasci d’alloro in stucco bianco che corrono lungo le cornici laterali dei quadri, nei riquadri della volta, lungo le nervature delle velette e sui capitelli delle colonne.

 

Nella prima campata, sulla sinistra, due grandi tele sovrapposte, del primo seicento e di discreta fattura, raffigurano “L’ingresso in Gerusalemme” e “La cacciata dei mercanti dal tempio”

 

Nella seconda campata si aprono due altari laterali. A sinistra l’altare eretto con lascito di Girolamo Tonolini del 1648, sul quale campeggia una tela raffigurante una sacra Conversazione con la Madonna il Bambino, e i santi Antonio da Padova, Carlo Borromeo, Girolamo e Nicola da Tolentino.

A destra l’altare dedicato a San Giovanni Nepomuceno, raffigurato nella tela con San Giuseppe.

 

Di discreta fattura, sopra la porta laterale sinistra, spicca la cantoria lignea decorata con scene della vita della Vergine, dipinte nel 1711 da Bernardo Piana Rosa.

 

Il presbiterio a base rettangolare accoglie una stratificazione di opere, frutto della sovrapposizione stilistica avvenuta nel corso dei secoli. E così fra gli stucchi tardo seicenteschi, campeggiano alcuni lacerti di affresco cinquecenteschi raffiguranti gli apostoli, alcune scene della vita della Vergine entro lunette, collocabili nella seconda metà del XVI secolo e due tele raffiguranti “Ester alla presenza di Re Assuero” e “Giuditta e Oloferne”, che prefigurano la Vergine entrambe opere recanti la firma “G. Ferabosco 1664”.

 

Molto interessante è l’altar maggiore di marmi vari di gusto barocco, con ornati rococò, contenente una nicchia sormontata da angeli di marmo.

Nella nicchia la statua lignea della Madonna orante con bambino, una pregevole opera lignea del sedicesimo secolo, caratterizzata dall’ottima qualità esecutiva e il pregio dei materiali impiegati nelle finiture, nelle applicazioni di foglie in oro zecchino e azzurri di alta qualità.

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